L’Istituto nacque a Bologna nel 1881 per volontà di Francesco Cavazza con lo scopo di togliere i ciechi da uno stato di abbandono e dare loro un’istruzione, sostituendo gli “orbini”, oggetto di pietà, con persone da ammirare per i progressi compiuti nello studio e nella vita civile.
Il percorso civile dei convittori e l’aggiornamento degli obiettivi e dei programmi dell’Istituto andava di pari passo con lo sviluppo della tipologia e dei mutamenti della società italiana, sollecitata dal desiderio di riscatto personale dei ciechi. Le esperienze di avanguardia nate e sviluppate nel Cavazza non rimasero poi chiuse tra le sue mura: l’Istituto fu infatti un laboratorio per il movimento dei ciechi e fornì un contributo essenziale alla loro crescita, divenendo un motore trainante in ambito nazionale. Nei primi anni del ventesimo secolo, un giovane bolognese cieco, Augusto Romagnoli, raggiunse i massimi livelli di formazione ed istruzione possibili allora; dapprima si diplomò a pieni voti nel famoso Liceo Ginnasio Galvani di Bologna e successivamente riuscì a conseguire la laurea in Lettere Antiche all’Università degli Studi bolognese; dopo alcuni anni conseguì anche la laurea in Filosofia discutendo una tesi diventata successivamente uno dei capisaldi fondamentali della tiflopedagogia moderna in Italia. Anche la guerra mondiale portò un rilevante cambiamento nella vita dei non vedenti. L’arruolamento forzato offrì alcune nuove opportunità di lavoro ai ciechi nei posti lasciati liberi dai richiamati, opportunità che divennero più consistenti alla fine della guerra, quando però il numero dei ciechi si accrebbe per i feriti del conflitto. Divenne urgente, quindi, la necessità di studiare forme di reinserimento e nuove terapie rieducative, anche in ambito militare. Fu la categoria dei ciechi di guerra a segnare la svolta. Carlo Del Croix e Aurelio Nicolodi, ex combattenti divenuti ciechi, sentirono la mutilazione come olocausto alla patria ma avvertirono anche il legame che li collegava a tutti gli altri ciechi, nati o divenuti tali, abili o inabili, giovani o vecchi. Nacque così l’Unione Italiana dei Ciechi e fu l’avvenimento più importante del dopoguerra perché consentì ai ciechi di combattere una battaglia sociale e civile per il completo inserimento nel tessuto della nazione.
Nel 1923 si rese obbligatoria l’istruzione anche per i ciechi, proprio grazie al contributo fornito nella stesura dei documenti applicativi della riforma Gentile da Augusto Romagnoli, ormai affermato pedagogista che svolgeva esperienze di avanguardia presso una delle istituzioni romane che si occupavano dell’educazione e della formazione dei ciechi. Di conseguenza, gli istituti dovettero affidare il compito a docenti specializzati presso la scuola nazionale di metodo fondata dal Romagnoli. L’Istituto di Bologna assunse in questo ambito una posizione centrale e gli anni del dopoguerra si caratterizzarono nell’impegno al rinnovamento e alla riorganizzazione delle istituzioni operanti a favore dei ciechi per trovare loro una nuova collocazione nella società.
Il periodo che va dal 1930 alla fine degli anni ’70 segna forse il momento più importante della storia dell’Istituto. In quell’epoca il Cavazza accolse giovani provenienti da tutte le regioni d’Italia, i quali, a centinaia, conseguirono brillanti risultati negli studi umanistici e musicali, richiamando su di sé e sull’Istituto l’ammirazione e l’affetto delle istituzioni e dell’intera cittadinanza bolognese.
Oggi tra gli innumerevoli impegni portati avanti dall’Istituto vanno ricordati:
la ricerca e lo sviluppo di strumenti hardware e software per consentire l’accesso ai più moderni sistemi informatici da parte di utenti ciechi e ipovedenti;
un centro di formazione professionale che sviluppa ricerca e innovazione per assicurare l’accesso a nuove opportunità professionali ed occupazionali per i ciechi e gli ipovedenti;
il C.I.F.R.A. Centro per l’Integrazione, la Formazione, la Riabilitazione e l’Autonomia dei ciechi e degli ipovedenti;
il Museo Tattile di Pittura Antica e Moderna ANTEROS che, tramite appropriate tecniche e metodologie di lettura tattile delle riproduzioni in bassorilievo di grandi opere pittoriche di tutte le epoche, consente la comprensione dell’arte da parte di ciechi e ipovedenti;
l’attività svolta nel settore della didattica dal Centro Informatico per la Sperimentazione degli Ausili Didattici (C.I.S.A.D.): un Centro con funzioni di supporto tecnico e professionale agli alunni non vedenti e agli insegnanti impegnati nell’integrazione scolastica, che nasce da una convenzione tra l’Istituto Cavazza, leader nel settore dell’informatica per i non vedenti, e la Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi, nonché dalla collaborazione dell’Unione Italiana dei Ciechi e della Biblioteca Regina Margherita di Monza. L’iniziativa nasce dall’esigenza di molte istituzioni che operano nell’ambito dell’integrazione scolastica di aiutare gli alunni affetti da minorazioni visive che incontrano difficoltà nell’applicazione delle nuove tecnologie informatiche. Ed infatti il C.I.S.A.D. raccoglie, coordina, elabora e diffonde notizie, informazioni, valutazioni ed esperienze riguardanti l’informatica applicata alle metodologie didattiche. Collegata al Centro, inoltre, vi è un’ausilioteca, aperta al pubblico, dotata dei più diffusi strumenti e prodotti informatici e tiflotecnici ad uso di ciechi e ipovedenti, al fine di estendere le conoscenze di utenti e operatori e di favorire le scelte più adeguate alle specifiche esigenze di ciascuno. Il Centro si avvale di competenze qualificate nel settore tiflologico, tiflotecnico e informatico che assicurano prestazioni professionali di elevata qualità, finalizzate a fornire un supporto stabile in ambito scolastico, capace di fronteggiare la “rivoluzione informatica” in atto senza rischiare l’esclusione di categorie disagiate come i ciechi e gli ipovedenti.